Disgregazione sociale è stato il termine chiave
dell’aperitivo sociale: "Nella crisi, contro la crisi, Brigate di
solidarietà attiva,come rispondere dal basso" dello scorso 7 aprile.
Termine che si declina perfettamente con le due tematiche principali affrontate
nel corso della serata: la ricostruzione aquilana a tre anni di distanza dal
forte sisma del 2009 e del primo sciopero auto-organizzato dei braccianti
immigrati di Nardò.
A portare la loro testimonianza sono stati il compagno
Giuseppe delle Brigate di solidarietà attiva Abruzzo e il compagno Roberto
Naccarella membro del nostro circolo e dell’esecutivo Udu L’Aquila. Entrambi
nel raccontare le vicende hanno fatto osservare come l’intento primario delle
forze intervenute all’Aquila per la sua ricostruzione, tra queste la protezione
civile stessa, era quello di disgregare la socialità, così come è accaduto
nei campi salentini.
Scindere l’uomo dalla socialità, svuotarlo della propria
coscienza avrebbe sicuramente annullato il motto: “l’unione fa la forza”. Ma è
proprio qui che intervengono le Brigate di solidarietà attiva: oltre al
contributo concreto portato sia ai terremotati che ai braccianti immigrati,
come ad esempio la costruzione di cucine da campo “riciclate” dalle varie feste
di liberazione, è stato dato a queste persone anche un contributo “spirituale”:
la restituzione se non la creazione della propria coscienza che era stata
“violenta” da perversi meccanismi di disgregazione sociale.
Questa si presenta in diverse forme a seconda di chi ha le
redini in quel momento. Nel caso aquilano si è parlato della costruzione di
veri e propri “lager” nei quali i terremotati di un campo erano totalmente
isolati da altri che magari si trovavano in un campo poco distante dal loro.
Inoltre nei campi era presente una forma di censura della comunicazione
giornalistica. Solo “i giornali del tutto va” bene erano ammessi tra le letture
dei terremotati.
Nel caso di Nardò la situazione non era molto diversa, se
non peggiore. Decine e decine di immigrati erano letteralmente schiavizzati in
campi di pomodori e cocomeri destinati al mercato ortofrutticolo
internazionale. Essere inseriti nei grandi processi economici globali e non
avere neanche il diritto di poter avere una bottiglia d’acqua, non avere
assistenza sanitaria, non avere un amico nel campo perché è lotta per la
sopravvivenza, se muori tu prendo io il tuo posto di lavoro.
Questi schiavi moderni hanno avuto il coraggio e la forza
di fare uno sciopero di ben 18 giorni consecutivi grazie al quale sono riusciti
ad ottenere finalmente un contratto di lavoro! Esperienza unica del suo
genere è stata raccontata nel libro scritto a più mani “Sulla pelle viva”,
libro presentato durante il corso della serata dallo stesso compagno delle
Brigate Giuseppe.
L’Aquila, Nardò sono solo due esempi concreti di socialità
organizzata, dove grazie al contributo di persone normali come studenti ,
lavoratori e non i soliti politicanti di turno si è riusciti ad agire per
il bene comune e a dimostrare come il primo passo verso la lotta per i propri
diritti sia l’acquisizione di una coscienza personale, autocoscienza che oggi
più che mai è necessario riacquistare per resistere contro le “nuove”
politiche economiche dei governi dei banchieri!
Pierangela Suriani
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