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DISCARICA DI BUSSI: LE ISTITUZIONI SAPEVANO

Abruzzo. 1972, l’assessore del Comune di Pescara bacchetta la Montedison per l’inquinamento. Lo sconvolgente documento pubblico che prova che l’inquinamento di Bussi era noto da sempre.




ABRUZZO. Si è sempre detto, raccontando l’inchiesta sui veleni di Bussi, che “gli enti sapevano”.
Fin dall’inizio si parlò di una riunione del 2004 con le principali istituzioni territoriali nella quale si parlò dei livelli di inquinamento delle falde acquifere e dei filtri a carbonio del depuratore che non depurava.
Ma fin dal 1997 anche altre istituzioni pubbliche erano state interessate sui livelli di guardia dell’acqua potabile visto che circolavano analisi chimiche.
Poi nei faldoni della maxi inchiesta sono stati trovati una serie di documenti interni all’Ausimont, la vecchia Montedison, che provano in maniera inconfutabile come il colosso della chimica sapesse che i veleni interrati a ridosso del paese e del fiume provocavano conseguenze sull’ambiente. 
Anche le analisi sulle acque vennero “adulterate” e contaminate per salvaguardare la fabbrica che dava lavoro e ricchezza al territorio.
Un ritornello frequente era quello di lanciare allarmi che poi cadevano nel vuoto... 
Quel che davvero non si poteva immaginare è che in questa storia di omertà e coperture fossero stati coinvolti fin dall’inizio, probabilmente da sempre, anche gli enti pubblici locali, come i Comuni, le Asl e fin da tempi molto remoti.
Il documento che ha potuto visionare PrimaDaNoi.it è stato protocollato presso il Comune di Pescara nel 1972, 41 anni fa, ed è indirizzato alla Montedison: si parla in maniera chiara dei veleni interrati nei pressi della stazione di Bussi sul Tirino e dei veleni che venivano trasportati dal fiume.
Il documento testimonia non solo la conoscenza delle istituzioni dell’immane nefandezza che stava accadendo ma anche l’incredibile oblio sceso sulla vicenda di dominio pubblico e dunque non "un segreto di Stato".

L’ASSESSORE DIMENTICATO DA SOLO CONTRO MONTEDISON: L’ARDIRE DI GIOVANNI CONTRATTI
Si chiama Giovanni Contratti e nel 1972 era assessore all’Igiene e alla Sanità del Comune di Pescara. Il 18 maggio 1972 scrive alla Montecatini Edison di Roma in via Salandra, 13.
La missiva esordisce: «ci riferiamo alla nota datata 20 aprile 1972 il cui contenuto è stato oggetto della nostra valutazione».
Dunque tra Comune di Pescara e Montedison c’era un carteggio ed era normale interloquire su vari aspetti, anche su quello dell’inquinamento in atto.
La lettera è chiara e vale la pena riportarla in gran parte.


«Prendiamo atto che i clorometani pesanti che attualmente vengono accantonati nel vostro terreno destinato alla discarica saranno immagazzinati in una serbatoio metallico, avendo poi accettato la nostra tesi relativa all’inquinamento del terreno della falda freatica, riteniamo necessario che da parte vostra si proceda al disotterramento di quanto immesso nel terreno per un più proprio collocamento del materiale inquinante all’interno del serbatoio, misura anti inquinante da cui adottata che noi condividiamo».
Senza preamboli e fronzoli Contratti arriva al punto e sa che esiste una discarica, che Montedison ha interrato, già negli anni, veleni e sa pure che la falda freatica è stata attinta dai veleni.
C’è però una trattativa in corso con Montedison che pare ammettere le proprie responsabilità, anzi vuole impegnarsi a custodire i veleni in un serbatoio metallico che doveva fungere da tomba ed evitare la dispersione nel terreno dei veleni.
L’accordo sembra essere a buon punto ma occorre «dissotterrare i veleni». Sono mai stati dissotterrati? Il serbatoio metallico di cui si parla è stato mai adottato? Quel che è certo è che la Forestale nel 2007 i veleni li ha trovati almeno in tre punti quelli poi noti come le maxidiscariche.

IL PROBLEMA DEL PIOMBO
«Per quanto concerne il problema dell’inquinamento da piombo è necessario che da parte vostra ci venga precisato se con l’impianto che state approntando verrà eliminato sia il piombo organico che quello inorganico; che ci vengano precisati inoltre i limiti massimi di contenuto in piombo presente nelle acque dopo il trattamento».
L’assessore di Pescara parla anche del piombo che evidentemente era problema già noto e anche in questo caso si fa riferimento ad un impianto che la Montedison dovrebbe approntare. Soprattutto si parla già nel 1972 di piombo presente nelle acque…

IL PROBLEMA DEL MERCURIO…
«Per l’inquinamento da mercurio, gli studi condotti dal professor Caracciolo nel dicembre 1971 hanno dimostrato la presenza di mercurio metallico nei pesci e nei capelli dell’uomo. Gli impianti che appronterete dovranno pertanto abbattere oltre che il mercurio composto anche quello metallico. Dovrete affrontare il problema del trattamento delle acque contenenti soda caustica, acido cloridrico, solventi aromatici che anch’essi inquinano le acque».
Dunque nel 1971, ben 42 anni fa, tale professor Caracciolo aveva già effettuato analisi approfondite approntando un quadro affatto tranquillizzante e venne scoperto già allora mercurio nei pesci e persino nei capelli di alcuni residenti. Se non è questa una notizia sconvolgente che avrebbe dovuto aprire uno squarcio enorme nell’opinione pubblica…
Ma nel 1971 l’Abruzzo è quello dei pastori e l’isola è troppo impegnata ad essere “felice” perché si possano affrontare simili quisquilie. Il documento parla chiaro degli impegni di Montedison e negli archivi degli enti pubblici (in quello del Comune di Pescara sicuramente) c’è il prosieguo della storia: Montedison ha mantenuto gli impegni oppure ha preferito risparmiare?

LE MATERIE PRIME ARRIVAVANO AL PORTO DI PESCARA
Era l’Abruzzo dei pastori, quello, che iniziava la sua strada verso il benessere industriale e dunque poteva permettersi persino un porto funzionale e attivo dove le navi scaricavano le materie prime per la Montedison. Materie prime velenose maneggiate con un po’ di approssimazione…
L’assessore continuava con le prescrizioni:

«al porto di Pescara poi dovrà essere realizzato un impianto pneumatico di trasporto per lo scarico della rasorite dalle navi e dovrete rendere più sicuro lo scarico della rasorite nei camion dai silos. Proprio ultimamente si è verificato un notevole spolverio di rasorite per il quale ci siamo limitati a notificare una diffida. Questa è la nostra posizione».
Firmato Giovanni Contratti.
L’incredibile di tutta questa vicenda non è tanto avere la prova incontrovertibile che l’avvelenamento della Val Pescara è cosa vecchia di cento anni o che le istituzioni della Repubblica sapevano. La cosa più incredibile è stata la totale perdita di memoria di fatti così gravi da parte della politica e dell’opinione pubblica.
Un oblio che ha avvelenato la terra ed il popolo.

[fonte: primadanoi.it]

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